Perché oggi è tornata attuale la domanda sull’essere? Una riflessione filosofica sul nichilismo, il senso della vita e il nostro futuro

Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia.
Carl Gustav Jung

Viviamo in un mondo che cambia a velocità impressionante.
La tecnologia avanza, la scienza spiega sempre più aspetti del reale, eppure, nonostante tutto, molte persone si sentono smarrite.

Come in una città piena di luci ma senza bussola, sappiamo dove andare solo finché qualcuno ce lo dice.

Ma cosa accade quando ci fermiamo a chiederci dove siamo davvero? Non è raro sentire frasi come “tutto è relativo“, “niente ha senso“, oppure “ormai non c’è più nulla di certo“. Un disagio esistenziale che la filosofia contemporanea chiama nichilismo moderno.

Di fronte a questo smarrimento, forse la filosofia non ci offre risposte assolute, ma ci invita a riaprire interrogativi radicali: che cos’è l’essere? Che senso ha l’esistenza?

La questione dell’essere è una delle più antiche che l’uomo si sia posto: che cosa significa “essere”?

Che cos’è ciò che è? Che ruolo abbiamo noi in ciò che chiamiamo realtà?

Per secoli, questa domanda ha guidato il pensiero filosofico, da Parmenide ad Aristotele, da Hegel a Heidegger. Poi, nel tempo, sembrava messa da parte, superata dalla scienza, dalla tecnica, dal pragmatismo.

Eppure, oggi proprio mentre il mondo sembra poter fare a meno della filosofia, questa domanda torna più viva che mai.

Perché?

Perché il nostro tempo ci offre strumenti sempre più potenti per agire, ma sempre meno chiari per capire.
Sappiamo fare quasi tutto, ma non sappiamo più perché lo facciamo. Viviamo immersi nell’informazione, ma spesso ci manca il senso.
Come naviganti in un oceano di dati, abbiamo perso la stella polare.
In questo vuoto di significato, l’interrogativo sull’essere torna a pulsare sotto la superficie delle cose.
Non come una questione astratta, da accademici, ma come una domanda concreta, umana, vitale.

Oggi, tornare alla domanda sull’essere significa chiedersi che cosa è reale, che cosa è durevole, che cosa può ancora orientare la nostra vita in un mondo in cui tutto sembra scorrere, consumarsi e sparire.

È come cercare il terreno sotto i piedi in mezzo a una frana continua: ci serve qualcosa che resti, mentre tutto muta.

Significa guardare oltre la superficie, oltre l’utile, oltre il presente immediato. Non è una fuga, ma un ritorno: alla radice del pensare, e forse, anche alla radice dell’abitare il mondo.

Per questo, filosofi come Aristotele, Hegel, Nietzsche, Heidegger e Severino ci parlano ancora oggi. Non perché abbiano risposte pronte, ma perché ci aiutano a porre bene la domanda.
Una domanda che riguarda tutti: che cosa significa essere, oggi?

Che cosa significa “essere”, oggi?

Ed è proprio da questa domanda che può nascere una nuova responsabilità.  Comprendere chi siamo è il primo passo per scegliere chi vogliamo essere.
In un mondo in trasformazione, la speranza non è nel tornare indietro, ma nell’andare avanti con consapevolezza. La filosofia non ci salva dal cambiamento, ma ci insegna a non subirlo passivamente.

Il futuro non è ancora scritto. Sta a noi coglierne i segni, intuire le direzioni possibili, riconoscere le promesse che contiene. Tutto dipende da come rispondiamo a una domanda essenziale: chi siamo – e quale contributo vogliamo dare al mondo che crescerà anche dalle nostre scelte.

Non si eredita il mondo dai padri, lo si prende in prestito dai figli.

Proverbio dei nativi americani