Non imboccare l’altro significa riconoscere dignità ai suoi tempi e ai suoi modi.
Tra Bergson e Merleau-Ponty, una riflessione sull’importanza della fatica come forma di rispetto.
Ieri sera, durante un incontro del gruppo genitori della nostra associazione, è emerso un tema che ci tocca da vicino: i nostri figli con disabilità devono poter fare la stessa fatica di ogni altro essere umano.
Si rifletteva sul fatto che se li imbocchiamo ogni volta che non trovano la parola giusta, se anticipiamo ogni loro gesto, non diamo loro la possibilità di imparare.
Diventiamo, senza volerlo, il loro limite.
La trappola dell’aiuto
Aiutare troppo spesso significa togliere dignità alla fatica. Pensiamo di proteggere, ma in realtà imponiamo i nostri tempi e il nostro modo di esprimerci, privando l’altro del diritto di cercare e di trovare la propria soluzione.
La fatica non è un ostacolo da eliminare: è la via attraverso cui ciascuno costruisce se stesso.
La fatica come atto di dignità
Consentire all’altro di attraversare la sua fatica è un atto di rispetto. Significa riconoscere che esistono sistemi di pensiero, tempi e linguaggi diversi dai nostri. La pazienza, in questo senso, non è semplice attesa, ma fiducia: fiducia che l’altro possa trovare la propria strada.
Bergson: il reale e il possibile
Henri Bergson ci offre un’immagine potente: non è il reale che realizza un possibile già pronto, ma è il reale stesso a creare nuovi possibili.
Spesso, come genitori, costruiamo per i nostri figli una mappa dei loro “possibili”. Eppure, quando realizzano qualcosa che non avevamo previsto, smontano le nostre convinzioni e aprono orizzonti che non pensavamo esistessero.
La fatica che attraversano è proprio ciò che rende possibile questo scarto creativo.
Reale e Possibile secondo Bergson
Nel senso comune pensiamo che il possibile venga prima del reale: immaginiamo una serie di possibilità già pronte, tra le quali il reale sceglie quella che diventa effettiva. Per Bergson è esattamente il contrario
- Non esistono possibilità “già lì” in attesa.
- È il reale, quando si produce, a creare retrospettivamente il suo possibile.
- Guardando indietro, ci sembra che quell’evento fosse “possibile” già prima, ma è un’illusione: è stato il reale ad aprire quello spazio.
Per questo il reale non è mai copia di un possibile preesistente: ogni realtà è creativa, perché nel momento in cui accade genera nuove possibilità che non immaginavamo.
Il tempo come investimento, non come perdita
Per alcuni, il tempo che serve a un figlio per trovare una parola o compiere un gesto può sembrare tempo perso, se pensano manchi loro la capacità o le conoscenze per farlo, e non mi riferisco solo a figli con disabilità.
In realtà io lo considero un investimento.
Nessuno di noi può prevedere cosa accadrà: non siamo dotati di preveggenza.
Eppure, sappiamo esercitare benissimo il pregiudizio, che è tutto tranne che generativo.

Merleau-Ponty: il “tra” dell’invisibile
Maurice Merleau-Ponty parlava del “tra”, l’invisibile che rende possibile il visibile.
In ogni espressione c’è un tempo di attesa, un intervallo in cui ciò che non si manifesta ancora prepara la sua apparizione.
Rispettare i tempi dell’altro significa dare spazio a questo invisibile, senza anticiparlo né cancellarlo.
La pazienza diventa allora forma di rispetto dell’invisibile che sorregge ogni visibile.
Maurice Merleau-Ponty – Il visibile e l’invisibile
L’invisibile non è il contrario del visibile; esso è ciò grazie a cui l’invisibile è visibile.
È il fondo che non appare e tuttavia rende possibile ogni apparizione.
Merleau-Ponty mette in evidenza lo spazio del tra: ciò che non vediamo non è assenza, ma condizione generativa di ciò che appare
Un principio più ampio
Questa riflessione non riguarda solo la disabilità, ma ogni relazione.
Vale nelle amicizie, nella scuola, nel lavoro, in famiglia.
Non imporre i miei tempi significa riconoscere la dignità dei tempi dell’altro.
La molteplicità dei modi di pensare ed esprimersi non è un difetto da correggere, ma una ricchezza da accogliere.
Bibliografia:
Henri Bergson, Il possibile e il reale, in Il pensiero e il movimento, trad. it. Laterza, varie edizioni.
→ È il saggio in cui Bergson smonta l’idea di possibile come “copia in anticipo” del reale, mostrando invece come sia il reale a creare i suoi possibili.
Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, trad. it. Bompiani, Milano.
→ L’opera postuma dove sviluppa il concetto del tra, l’invisibile che rende possibile il visibile.
