La durata reale è ciò che dura, ma che cambia interiormente,
come lo stato d’animo di un essere vivente.

Henri Bergson

Nel 2019 scrivevo un post intitolato Quando ci svegliamo.
Era nato da un frammento reale, una delle tante frasi che costellano le nostre giornate — io e mio figlio — e che, senza volerlo, dicono molto di più di quello che sembrano dire.

Quando ci svegliamo non era solo un modo per parlare del giorno dopo.
Era un tempo suo, una misura non misurata, un punto di partenza che non coincideva con l’orologio.

Una filosofia che arriva dopo

A distanza di qualche anno, quelle parole mi tornano con una luce diversa.
Non perché siano cambiate, ma perché sto cambiando io il modo di guardarle.
E in questi mesi, leggendo Henri Bergson, ho trovato un linguaggio filosofico per qualcosa che già vivevo.
Bergson distingue due modi di conoscere: quello analitico, razionale, che misura e definisce e quello intuitivo, che entra nella vita delle cose, le sente scorrere, senza fermarle.

Ed è proprio così che mio figlio sembra vivere il tempo:
non in una sequenza ordinata, ma in un flusso che a volte scivola via, a volte si addensa, a volte fa paura.

Tempo e relazione – Quando ci svegliamo (di nuovo)

Il tempo che non rassicura

Il tempo, per lui, non è un contenitore affidabile.

Spesso è un rumore di fondo minaccioso, un attimo che va colto subito o non ci sarà più.
Detesta fermarsi ai semafori, odia aspettare in fila.

Non è impazienza. È qualcosa di più profondo, come se l’attesa fosse uno spazio vuoto impossibile da abitare.

Piccole isole di tempo condiviso

Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo trovato piccole isole.

Una clessidra, ad esempio.
Quella per il filtro del tè.
Lì il tempo prende forma, si vede scendere, non minaccia, accompagna.

O il nostro “quando ci svegliamo”, che ancora oggi ci protegge dalle ansie di un tempo futuro più o meno prossimo.

Sono segni, questi, che ci dicono che forse non serve forzare il tempo giusto, ma ascoltarlo quando arriva.

Un tempo che ci ospiti

E allora penso che la relazione viva anche di questo:di frequenze diverse che cercano un punto in comune,
di tempi che non si impongono, ma si incontrano,
di gesti che accolgono, invece di accelerare.

Quando ci svegliamo, oggi, mi sembra non solo un modo per rimandare a domani, ma un promemoria invisibile su come provare a vivere insieme.

Un invito a risvegliarsi nel tempo dell’altro.
A capire quando e se rallentare.
A esserci.

Se ti è capitato di vivere o osservare modi diversi di percepire il tempo nella relazione, mi piacerebbe conoscerli.