La rivoluzione che non abbiamo visto

Mutazioni silenziose di un paradigma (tra passeggini e ciotole)

Siamo abituati a immaginare la rivoluzione come qualcosa di spettacolare.
Grandi discorsi, grandi gesti, grandi rotture.
Una linea netta tra il prima e il dopo.
Eppure, ogni tanto mi chiedo:

e se oggi fossimo nel mezzo di una rivoluzione… ma di quelle silenziose, morbide, quasi invisibili?

Non serve andare lontano. Basta fare un giro in città.
C’era una volta  (tra gli anni sessanta e novanta)  una catena di negozi chiamata Prénatal (oggi gruppo PRG). Vetrine piene di tutine, culle, passeggini.
Un’iconografia chiara: la maternità, la nascita, la cura.
Oggi, molti di quei stessi spazi ospitano mega-store di pet food.
Cucce imbottite, biscotti per cani gourmet, shampoo lenitivo al tè verde.

 

Non è un giudizio, è una constatazione.
E, in fondo, una domanda.
Cosa ci racconta questo passaggio?
Forse niente di eclatante. Oppure moltissimo.

La rivoluzione che non abbiamo visto

Può darsi che stiamo vivendo un cambiamento di paradigma, ma senza saperlo.
Non ci sono manifesti, né slogan, né date da segnare sul calendario.
Ci sono scelte piccole, quotidiane, ripetute.
E il modo in cui si spostano i nostri desideri, le priorità, i legami.

La cura non è sparita — si è semplicemente trasformata.

Non si investe più necessariamente nella genitorialità biologica, ma in nuove forme di affetto, nuove modalità di relazione.
E gli animali — così presenti, così silenziosi, così “qui e ora” — sembrano adattarsi bene a questo nostro tempo accelerato e incerto.

È una rivoluzione dolce, senza proclami.
Una rivoluzione che non chiede di schierarsi, ma solo di adattarsi.
Forse per questo funziona così bene.

 

Regimi di verità e rivoluzioni silenziose

Michel  Foucault parlava di “regimi di verità”: insiemi storici e culturali di enunciati, pratiche, istituzioni e tecnologie che definiscono ciò che può essere detto, pensato, venduto, desiderato.
Cambiare regime di verità significa trasformare non solo le idee ma i dispositivi materiali attraverso cui viviamo.

Caso urbano: da Prénatal a Pet Store

Un tempo, nella mia città (e in molte città italiane), la presenza di negozi come Prénatal testimoniava un regime di verità in cui: la famiglia nucleare era il perno del consumo urbano, il figlio era al centro di un’economia affettiva e logistica (lista nascita, carrozzine, body, pannolini) e la città si organizzava attorno alla riproduzione biologica e sociale.

Oggi alcuni di questi spazi ospitano negozi per animali domestici: il pet è la nuova figura affettiva, oggetto di cura e proiezione emotiva.
Il consumo si organizza attorno all’individualizzazione dei legami (padroni, non genitori) e il passaggio dalla “cura della prole” alla “cura del sé attraverso l’altro animale”.
Portata del cambiamento. Non si tratta solo di un cambiamento commerciale o demografico. È un vero e proprio passaggio di regime discorsivo: si ridefiniscono le priorità esistenziali (meno figli, più animali); si trasforma il paesaggio semiotico urbano (dove prima c’erano vetrine rosa pastello per neonati, oggi croccantini premium, shampoo per cani e snack naturali per gatti) e muta la grammatica della cura: dal maternage al “pet-parenting”.
Una rivoluzione senza slogan, un mutamento lento e sistemico, che riguarda: il corpo, gli affetti, l’economia e lo spazio urbano.

Ecco, se oggi il nostro “normale” è fatto di ciotole ergonomiche e passeggiate serali con il guinzaglio, non è né giusto né sbagliato. È semplicemente qualcosa da osservare.
Perché a forza di seguire il flusso, potremmo dimenticarci che siamo noi a poter scegliere — e non solo a essere scelti dai trend.
Non tutte le rivoluzioni hanno bisogno di barricate. Alcune si compiono con un click, una pubblicità ben fatta, una promozione 3×2 al supermercato.

Nessuna accusa, nessuna nostalgia.
Solo un tentativo di vedere meglio.
E magari, ogni tanto, scegliere con un pizzico di consapevolezza in più.