Questo lungo periodo di pandemia ha, a più riprese, confermato che le persone maggiormente a rischio di contagio (ma anche di vita) sono i grandi anziani, in particolare quelli già compromessi da altre patologie. Il Covid diventa così la goccia che fa traboccare un vaso ormai al limite.
Ma chi sono i grandi anziani? Come vivono questa ennesima sfida? Che cosa li spaventa e cosa si aspettano ancora dalla vita?
Quale storia può raccontare una generazione?
La mia curiosità mi ha spinto a scoperchiare questo vaso. Volevo andare oltre la mera classificazione e capire chi è questo “anziano”.
Al fine di tracciare idealmente il percorso di vita di uno di loro, ho preso spunto dal rapporto annuale Istat del 2016.
La storia di Giovanna diventa così un espediente narrativo per raccontare le diverse realtà vissute, a partire dalla sua nascita (1926) fino ai giorni nostri.
Lo sguardo è rivolto alle persone che compongono la società e ai cambiamenti avvenuti in Italia attraverso il racconto di diverse generazioni.
La tabella propone un quadro riassuntivo delle generazioni (statistica, 2016a)
Riassumere quasi un secolo della vita di Giovanna (la storia di una generazione) è impresa ardua.
Il tempo di lettura per ripercorrere la sua vita (per quanto abbia tentato di essere sintetica) è maggiore rispetto a quanto si dedica abitualmente a un post, ma secondo me ne vale la pena. Si tendono a dare per scontate molte cose che potrebbero invece farci comprendere aspetti della loro vita che spesso ci infastidiscono.
Ho deciso di partire da un abstract, si potrà poi – se incuriositi – approfondire maggiormente la sua biografia.
Abstract
Immaginiamo questa sceneggiatura: nel 2016 (ho preso come riferimento l’anno di redazione dello studio sulle generazioni proposto dall’Istat) Giovanna compie 94 anni. Ha superato di gran lunga l’aspettativa di vita alla nascita (52 anni), il 24% delle sue pari sono ancora vive. Guardando al suo passato possiamo ipotizzare che abbia concluso la quinta elementare, si sia sposata intorno ai 24/25 anni e abbia fatto la casalinga dedicandosi a figli e famiglia.
Vedova da qualche anno vive con la figlia Anna che ha 64 anni è sposata da più di 40 anni ed è appena andata in pensione. Anna ha lavorato nell’industria come operaia prima e impiegata in seguito, grazie al conseguimento un diploma che ha ottenuto frequentando le scuole serali.
Anna, per poter continuare a lavorare ha dovuto ricorrere all’aiuto di una cittadina proveniente dai paesi dell’Est che l’ha aiutata a occuparsi della casa e poi di sua madre quando è venuta ad abitare con lei, almeno fino a quando i problemi sanitari di Giovanna necessiteranno di cure continue. In quel caso dovrà potersi trasferire in una casa di riposo in grado di rispondere a tutti i suoi bisogni.
Tuttavia, essere in pensione, per Anna, significa potersi occupare della nipotina di un anno Giulia, figlia della sua primogenita Francesca che ha 40 anni. Francesca si sta separando dal marito e fa la ricercatrice con un contratto a termine.
La speranza di vita quando nasce Giulia è di quasi 85 anni.
La storia di quattro generazioni al femminile: Giovanna, Anna, Francesca e Giulia è una tra un milione di possibili percorsi individuali di vita che durante questi 90 anni si sono intrecciati, non va dimenticato che tra le coetanee di Giovanna il 2,5% ha avuto la possibilità di studiare e conseguire una laurea.
Altre Anna hanno seguito un percorso professionale che le ha portate a diventare imprenditrici di successo (0,6% della sua generazione) e quasi la metà della generazione di Francesca ha avuto due o più figli. (Istat, 2016)
Vediamo in seguito, un po’ più nel dettaglio, alcuni momento della vita di Giovanna.
1926. Quando nasce Giovanna l’Italia è povera e arretrata.
1926: Sono passati otto anni dalla fine della Prima guerra mondiale e il fascismo è già al potere. I genitori di Giovanna sono probabilmente analfabeti (10% degli uomini e 17% delle donne non sono in grado di firmare l’atto di matrimonio).
La sua speranza di vita alla nascita è di 52,1 anni (49,3 per i maschi.) 126 bambini su mille muoiono entro il primo anno di vita, anche a causa della malnutrizione.
L’economia stenta a crescere a seguito della feroce deflazione prima (politica monetaria di Quota 90) e della crisi del 1929 poi.
Dal punto di vista demografico vi è una diminuzione della mortalità e una elevata natalità, nonostante le politiche del regime.
Le famiglie sono composte in media da più di quattro componenti e il tasso di fecondità è di 3,5 figli. La politica fascista blocca le emigrazioni verso l’estero penalizzando in particolare il mezzogiorno.
Giovanna è un’adolescente quanto l’Italia entra in guerra. La Seconda guerra mondiale segnerà la sua vita e quella di tutte le persone della sua generazione, la sua conclusione rappresenterà una cesura con il passato scandendo un nuovo inizio.
Tra il 1946 e 1948, piccoli segni di ottimismo fanno cambiare rotta alle nascite (diminuite durante la guerra) e più di un milione di neonati popolano la nuova Italia, (picco che però non durerà).
C’è fermento dal punto di vista economico. Una trasformazione rapida e profonda che vede un mondo agricolo e rurale rinnovato anche se ridimensionato. Industria e attività terziarie si espandono e superano l’agricoltura.
Una trasformazione che nei primi anni Cinquanta registra una carente qualità di vita, insalubrità delle abitazioni e scarso se non nullo consumo di prodotti alimentari base per una corretta nutrizione.
Cosa aspetta Giovanna tra la fine degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta?
È un periodo di straordinario sviluppo in cui le condizioni di vita migliorano rapidamente e quando nel 1952 nasce Anna, la prima figlia di Giovanna, la speranza di vita raggiunge i 67,9 anni (63,9 per i maschi).
La mortalità infantile si riduce (63,5 per mille) così come il tasso di fecondità (2,34 figli per donna) e il numero di componenti della famiglia.
Ma i cambiamenti riguardano in particolare il Nord-Ovest italiano che fa da traino provocando massicce migrazioni interne: dalle campagne verso i centri urbani e dal sud verso il Nord. Migrazioni che creano un rimescolamento di culture non privo di attriti e tensioni sociali.
Un processo di modernizzazione che genera cambiamenti anche nei ruoli di genere e nella concezione stessa di famiglia (le donne per la prima volta votano e il traguardo non è solo simbolico, partecipano maggiormente al mondo del lavoro e alla vita pubblica elevando via via il proprio livello di istruzione).
Abbandonare le campagne e vivere in città favorisce la riorganizzazione della vita famigliare che da patrilocale (le giovani coppie vivono con i genitori del marito) diventa neolocale (la coppia va a vivere da sola).
La ricostruzione del Paese passa anche attraverso la televisione (1954), che oltre ad avere un ruolo di agente socializzante è anche elemento di omogeneizzazione culturale e unificazione linguistica. Tra il 1960 e il 1968 Rai e Ministero della Pubblica Istruzione promuovono un corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta. Il conduttore Alberto Manzi, un educatore che utilizza moderne tecniche di insegnamento avvalendosi di supporti audiovisivi che oggi potremo definire didattica a distanza.
Tra 1958 e 1963 è boom economico, il tasso di disoccupazione scende sotto il 4% ma i divari di genere permangono (sono occupate il 31% delle donne contro il 79,2% degli uomini).
Le famiglie consumano di più, si strizza l’occhio all’Europa e il trattato di Roma (1957) istituisce la C.E.E. È baby boom ma si tratta di una parentesi se letta nelle trasformazioni demografiche del lungo periodo.
Giovanna ha messo su famiglia vive un buon periodo, lo testimoniano i consumi e l’acquisto vertiginoso di elettrodomestici che vedranno l’Italia diventarne primo produttore europeo. Non solo, sono soprattutto i mezzi di trasporto privati che confermano il cambiamento più radicale. Da un lato la Vespa e la Lambretta, le due ruote simbolo degli anni Cinquanta; dall’altro due quattro ruote, le Fiat 600 e 500 che saranno destinate a diventare auto popolare delle famiglie.
Grandi impianti e produzione di massa, dagli operai della tradizione piemontese e lombarda alla catena di montaggio (spesso immigrati). Le lotte operaie faranno da preludio al Sessantotto studentesco.
Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione si conoscono i Beatles, si modellano nuovi stili di vita globali, ma c’è un rovescio della medaglia: tutto questo genererà proteste e conflitti. I protagonisti di quegli anni sono i giovani della generazione dell’impegno (1946 – 1955) che iniziano a partecipare attivamente alla vita sociale e politica, sono i figli della generazione di Giovanna che ha vissuto il fascismo e la guerra.
Le cose però cominciano a cambiare nella seconda metà degli anni Settanta
L’Italia è segnata dalla crisi petrolifera e dalla disoccupazione, nel 1975 per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale il PIL diminuisce: è recessione. Esplode l’inflazione che prosegue fino a metà degli anni Ottanta. Aumenta la disoccupazione e si dovrà aspettare la fine degli anni Novanta per vedere l’avvio di un ciclo virtuoso di crescita dell’occupazione.
Giovanna a fine anni Settanta diventa nonna, la sua nipotina Francesca, ha una speranza di vita alla nascita di 76,1 anni (69,6 i maschi); il tasso di fecondità si attesta intorno al 2,11 per donna e presto scenderà sotto la soglia 2, una fase in cui le generazioni dei figli saranno sempre meno numerose rispetto a quelle dei genitori.
Anni che segnano importanti cambiamenti sotto il profilo normativo: la legge sul divorzio (1970) l’interruzione volontaria di gravidanza (1978). Nuovo diritto di famiglia (1975) e passaggio alla potestà condivisa dai coniugi e nuovo regime patrimoniale della famiglia oltre alla revisione delle norme sulla separazione.
Aumentano i riti civili per i matrimoni e aumentano le separazioni legali, si affacciano sulla scena nuove forme di famiglia, le convivenze e le famiglie ricostituite.
Sono le donne, sempre meglio istruite e più presenti nel mercato del lavoro, le vere protagoniste di questi cambiamenti. Aumenta il tasso di occupazione femminile (25,1% nel 1971 – 32,9% nel 1981). L’incremento dell’istruzione femminili è veloce (a partire dagli anni Settanta) ma in famiglia il cambiamento è meno repentino e nonostante siano sempre più impegnate nel mercato del lavoro, il carico domestico è interamente sulle loro spalle.
Poter completare gli studi molte donne posticipano matrimonio e maternità.
Dalla metà degli anni Settanta il sistema produttivo italiano si riorganizza, proliferano le piccole imprese, il lavoro autonomo e l’imprenditoria diffusa.
Cambiano i comportamenti e mentre i giovani degli anni Cinquanta e Sessanta bruciavano le tappe, i colleghi degli anni Ottanta posticipano i tempi di vita familiare e lavorativa. Si entra nel mondo del lavoro sempre più tardi anche in virtù del prolungarsi dei percorsi formativi.
Negli anni Ottanta entra in scena la generazione dell’identità, coorti numerose che adottano scelte individuali e liberistiche, comportamenti demografici che differenziano parecchio da quelli dei propri genitori e rafforzano il modello del figlio unico. Tuttavia, maggiore attenzione allo stile di vita consentirà loro di arrivare alle soglie dell’età anziana in condizioni di salute nettamente migliori rispetto alle generazioni che li hanno preceduti.
L’abbattimento del muro di Berlino (1989), la fine della guerra fredda e l’inizio della globalizzazione generano un’euforia che termina (almeno nei paesi dell’Unione Europea) con la crisi monetaria ed economica del 1992-1993.
Le profonde trasformazioni sociali ed economiche di quegli anni provocano cambiamenti nel modo di vivere e nei costumi, le generazioni dell’identità e della transizione vivranno in modo globale, differenziandosi nettamente dai propri genitori: faranno meno figli e posticiperanno tutte le tappe della vita famigliare, soprattutto le donne.
Giunti a metà degli anni Novanta due sono i fenomeni che caratterizzano il cambiamento demografico: l’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione straniera. Simbolo di questo passaggio storico, nel 1991, lo sbarco nel porto di Bari di 20 mila albanesi a bordo della nave Vlora. Immigrati che nel 1993 erano meno di 530 mila, nel 2015 si contano più di cinque milioni di stranieri residenti (molti i giovanissimi di seconda generazione).
Storia di una generazione: Nuovo Millennio
Le generazioni del millennio (nati tra 1981 e 1995) e delle reti (dal 1996 ad oggi) sono diventate adulte nel nuovo millennio. La prima può essere definita generazione dell’euro e cittadinanza europea, quella che maggiormente paga le conseguenze economiche e sociali della crisi. Quasi il 45% dei nati negli anni Ottanta svolgerà un lavoro atipico, in modo trasversale rispetto a formazione ed estrazione sociale.
La seconda, la più giovane, sono i nati nell’era digitale, sempre connessi. Nel 2015 oltre il 91% dei giovani tra i 15 e i 24 anni utilizza il web. I divari digitali tra le famiglie risultano essere multifattoriali: generazionali, culturali e sociali.
L’Italia ormai stabilmente terra di immigrazione, negli ultimi anni ha visto la ripresa delle emigrazioni, ma molto diverse rispetto ai primi decenni del Novecento. Sono le nuove generazioni a muoversi, diventando cosmopolite, hanno ampliato i loro confini fisici e non solo vivendo esperienze di studio e di lavoro all’estero.
Bibliografia:
Istat. (2016). Sintesi del rapporto annuale 2016 (p. 22).


Un interessante excursus che ci riassume i grandi cambiamenti di quasi un secolo. Questi cambiamenti, quasi incredibili se raccontati alle generazioni più recenti, sono a volte accantonati anche dalla memoria di chi in parte li ha vissuti. Ancora un bel lavoro Francesca
Grazie, di cuore.