Devianza positiva: costruire su capacità che le persone possiedono anziché dire loro cosa cambiare.  Chi ne parla è Atul Gawande su Con cura, diario di un medico deciso a fare meglio (Un medico che si interroga sulla propria professione, su cosa serve per essere bravi in un campo dove è facile sbagliare, e sull’importanza della motivazione personale). Autore anche di Essere mortale dove invece parla di morte per parlare di vita.

Ma torniamo a devianza positiva. Si tratta di un approccio che parte dal presupposto che in ogni comunità ci sono individui o gruppi i cui comportamenti e strategie non convenzionali consentono di trovare soluzioni migliori a problemi comuni. Questo anche se le persone hanno accesso alle stesse risorse e affrontano sfide simili o anche peggiori.

La scoperta di comportamenti e strategie di successo si tradurranno in piani di azione per tutti, promuovendo l’adozione delle nuove pratiche. L’autore racconta dell’esperienza di una coppia di nutrizionisti (Jerry Sternin e Monique) della Tufts University in Massachusetts che gestivano, per conto di Save the Children, un progetto per ridurre la denutrizione in Vietnam.
Gli sforzi per far adottare buone pratiche agli abitanti dei villaggi visitati erano stati vani. Gli Sternin avevano presto capito di essere considerati degli intrusi che pretendevano di insegnare loro cosa fare e chiedevano di mettere in atto cambiamenti che loro non capivano.

La porta in faccia che avevano ricevuto tuttavia, non li aveva fatti desistere dal far notare ai contadini del villaggio che, nonostante la povertà in cui versavano tutti, alcuni dei bambini erano ben nutriti.

Cosa aveva fatto chi aveva agito nel modo che è stato definito devianza positiva alla norma?

Cosa vuol dire deviare positivamente?

Quando i contadini, preso atto di quello che era sotto i loro occhi ma non vedevano, chiesero alle madri di quei bimbi quali fossero le strategie adottate. Ciò che scoprirono fu che le donne infrangevano in molti modi le consuetudini localmente accettate.

Come? Alimentando i figli anche quando avevano la diarrea, dando loro più piccoli pasti al giorno anziché uno o due consistenti, aggiungendo germogli di patata dolce al riso dei bambini sebbene fosse un alimento umile. Prassi che in seguito prese piede al tal punto che in due anni la denutrizione diminuì in tutti i villaggi in misura variabile tra i 65 e 85%.

Cos’era accaduto? Le soluzioni erano arrivate dall’interno anziché dall’esterno e questo facilitava i restanti abitanti ad adottare le nuove strategie. Era questo, secondo Gawande, di per sé rivoluzionario. Ovviamente è un concetto che può essere esteso oltre l’ambito medico.

Non è raro che in una organizzazione arrivi qualcuno e pretenda di cambiare processi ritenuti superati o non più sostenibili senza neppure chiedere a chi opera all’interno se ha qualche suggerimento…

Estendere questa “buona pratica” significa coinvolgere i diretti interessati, chiedere alle persone che vivono il contesto in analisi di pensare a nuove soluzioni e proporle. Davvero poco convenzionale e in alcune circostanze, racconta Gawande, è capitato che le persone coinvolte si stupissero. Era la prima volta che qualcuno chiedeva un loro parere, era la prima volta che veniva data loro l’occasione di essere innovativi.

Altri modi di essere devianti positivi

Non male no? Poi mi sono imbattuta in un altro modo di essere devianti positivi. Guidalberto Bormolini in Accompagnatori accompagnati cita un’indagine condotta dal sociologo Pitirim Sorokin dalla quale emerge come le persone altruistiche possono essere considerate dei “devianti” ma positivi.

Così come sono “devianti” i criminali che deviano le regole della società in cui vivono, dice il sociologo, anche gli altruisti sono “devianti” ma nel senso opposto che, non solo rispettano le regole, ma vanno oltre. Vanno oltre il semplice dovere nel rapporto con gli altri, curano, aiutano, servono, sanano, riappacificano, divertono, elevano il loro livello di coscienza.

Quello che emerge in generale da queste ricerche è che gli altruisti sono più felici e longevi. Certo non sono immuni dalla sofferenza ma l’affrontano in modo diverso, si sentono meno soli, amano maggiormente l‘umanità, tendono ad essere più ottimisti, dispongono di maggiore forza, meno aggressività e sono più creativi!

Diversi punti di vista, diversi approcci

Due punti di vista, quello di un medico che cerca di innovare il modo in cui si opera all’interno di strutture consolidate e quello di un sacerdote e studioso di Antropologia Teologica che tratta il tema del dono in relazioni di accompagnamento. Entrambi però guardano fuori dagli schemi per fare la differenza.

Tornando a Gawande, egli ritiene che le soluzioni possano arrivare da chi meno te lo aspetti a condizione che si crei un sano e onesto coinvolgimento e si pongano le domande giuste.

Serve rompere gli schemi per essere realmente innovativi, guardare oltre il velo, un concetto che mi ricorda il gioco dei nove punti. Siamo noi a determinare i nostri confini, trovare nuove soluzioni significa uscire da cornici prestabilite, essere curiosi e saper ascoltare. Per quanto pensiamo sia LA soluzione, ce ne saranno molte altre che neppure immaginiamo e fanno parte del patrimonio – anche inconsapevole – di conoscenza di qualcuno che merita di essere ascoltato, a prescindere.

Potrà serbare banale, eppure, adottare la devianza positiva anche nelle piccole cose di tutti i giorni potrebbe fare la differenza in molti ambiti, tendiamo a viaggiare con il pilota automatico e questo ci impedisce un sacco di cose. È come rimanere fermi in un mondo che si muove, in altre parole obsoleti.

Questo concetto è apparso nella letteratura sulla ricerca nutrizionale negli anni ’60, perfezionato in seguito da docenti della Tufts University (Massachusetts) e sviluppato in ambito internazionale alla fine degli anni Novanta. A metà 2014 l’iniziativa si è sciolta e a fine 2017 è stata lanciata una nuova collaborazione internazionale. Il sito www.positivedeviance.org mette a disposizione le risorse sviluppate e quelle ancora disponibili.

Bibliografia:
Accompagnatori accompagnati di G. Bormolini (2020) Edizioni il Messaggero di Sant’Antonio
Con Cura di Atul Gawande (2007) Edizioni Einaudi

Photo by James Coleman on Unsplash