Pandemia da Covid 19
A un anno dalla scoperta del paziente 1 (Il manager di Lodi, 21 febbraio 2020) ogni media fa il bilancio di questo lungo anno e come accade a fine anno quando si tirano le fila sulle cose accadute, si cerca di capire cosa portare con sé e cosa invece buttare. Ho provato a fare anch’io questo esercizio.
La sfilza di brutture che vorrei lasciarmi alle spalle di questo anno è molto più lunga delle cose belle, ma voglio soffermarmi su queste ultime. Vorrei individuare quali sono le strategie che noi esseri umani (o almeno alcuni di noi), mettiamo in atto quando affrontiamo situazioni complesse (che non dipendono da noi e non possiamo controllare) per non esserne sopraffatti.
Parleremo di resilienza, un termine di cui forse si abusa in questo periodo, e di coping che può essere tradotto in far fronte o reagire. Di fronte a situazioni critiche o stressanti come reagiamo, come affrontiamo la situazione?
La Resilienza
Due termini a volte usati come sinonimi anche se non lo sono, per semplificare potremo dire che la Resilienza è una dotazione di default dell’individuo, una sorta di sistema immunitario (appartiene a tutti, in alcuni è più efficiente che in altri) può aumentare durante l’arco di vita a seconda delle esperienze maturate, influisce sul modo in cui l’evento critico viene valutato e in qualche modo è in grado di ridimensionarne il potenziale stressante.
La valutazione dello stress (in base alle teorizzazioni di Lazarus e Folkman, 1984) non deriva dall’evento in sé ma dalla percezione soggettiva, dall’interpretazione individuale che influenzerà capacità e modalità di farvi fronte.
È come se guardassimo agli eventi dotati di un paio di occhiali le cui lenti ci propongono una visione che percepiamo alla nostra portata, nel tempo e grazie alla consapevolezza del nostro vissuto mantengono o aumentano la loro efficacia.
Una predisposizione, che mi piace pensare simile a quella del giocatore, cui verrà naturale intravvedere soluzioni possibili che, nel peggiore dei casi, potranno non dare risposte immediate ma tornare vantaggiose in futuro, oppure rappresentare un insegnamento utile alla propria evoluzione.

Il coping
Il coping riguarda la messa in atto di strategie cognitive, emotive e comportamentali per far fronte agli eventi, poterli dominare, minimizzare o risolvere i vissuti spiacevoli che gli stessi procurano e che si attivano in seguito a una valutazione.
Si può considerare un reciproco dello stress: quando le strategie funzionano lo stress diminuisce mentre quando non sono efficaci, aumenta. Se paragoniamo la resilienza a un sistema immunitario, il coping potrebbe essere un trattamento che lo consolida che fa sì che il contrasto alla sfida sia interno, non esterno.
Certo una strategia potrebbe anche essere una richiesta di aiuto, quindi ricorrere a un vaccino (in tema di pandemia). Immaginiamo un giovane nel pieno delle sue forze (fisiche e mentali) è pensabile che possa trovare le risorse di contrasto dentro di sé, una persona anziana o fragile per altri motivi dovrà probabilmente individuare altre strategie (essere vaccinata).
Questo in generale, traslato in questa pandemia tutto si complica e abbiamo visto quanto la resilienza delle persone sia stata minata.
Qualcuno l’ha definita una tempesta perfetta per la salute mentale delle persone anziane.
Non è difficile immaginare cosa abbia significato per gli ospiti delle residenze per anziani non autosufficienti, dove è stato rafforzato l’isolamento e dove la percezione del rischio di morte e malattia è aumentato in modo esponenziale.
La quantità di sfide che una persona anziana ha affrontato durante la sua vita è lunga quindi, se da un lato può aver immagazzinato tante strategie per contrastarle, dall’altro avrà anche messa duramente alla prova il suo “sistema immunitario” che risulterà sempre più fragile.
Cosa accade nelle Residenze per Anziani?
La persona anziana in residenza, non autosufficiente dal punto di vista fisico o mentale, si è vista privare anche della possibilità di godere delle piccole cose che le sono rimaste. Interagire con i propri familiari e amici, intrattenersi con i propri vicini, partecipare a piccole attività con i volontari e altro ancora, forse piccole cose ma per loro molto importanti.
La vita in residenza normalmente è dinamica, i residenti in un nucleo (che possiamo equiparare a una famiglia allargata che vive sotto lo stesso tetto) si muovono, incontrano, interagiscono, vivono le loro giornate anche con i propri vicini, gli altri nuclei, oppure condividono spazi comuni. L’#iorestoacasa ha significato per loro non poter uscire dal proprio nucleo e smettere di incontrare i vicini di casa oltre che i familiari, volontari etc. che movimentano le loro routine quotidiane.
Volenti o nolenti il tema della morte è entrato prepotentemente in quel che resta della loro vita (vale anche per i grandi anziani che vivono a domicilio che hanno subito lo stesso isolamento dei coetanei in residenza).
Ma contrariamente a quanto si pensa, il tema della morte per loro non è un tabù; la loro paura non è di morire, quanto di doverlo fare da soli, di non poter riabbracciare i propri cari, di non poter dire loro quanto li amano. Dal canto loro i familiari, che non possono fare loro visita, pregano che non suoni mai il telefono per informarli che il loro caro è arrivato alla fine, consapevoli di non poterlo toccare, baciare, uno strazio che aumenterebbe ancor più il loro senso di inutilità e impotenza.
Quali strategie attivare?
Certo le residenze hanno attivato delle strategie alternative di contatto e la tecnologia ha dato loro una mano ma, se all’inizio poteva funzionare, nel tempo ha aumentato ancor di più la voglia di presenza, aggravando il senso di solitudine e la poca voglia di vivere che è rimasta loro.
Aiutarli a esprimere il proprio sentire si è rivelato utile ad alleviare la loro sofferenza, condividendo il senso di impotenza e di incapacità di controllare la situazione.
Condividere senso aiuta, anche se momentaneo, apre uno spiraglio di luce in un tunnel di cui si fatica a vederne la fine.
Karim Manjra on Unsplash
André Bandarra on Unspash
Folkman, S., & Lazarus, R. S. (1984). Stress, appraisal and coping. Springer.
Malaguti, E. (2005). Educarsi alla resilienza. Centro Studi Erickson.
Oliverio Ferraris, A. (2004). La forza d’animo. Cos’è e come possiamo insegnarla ai nostri figli. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli.
Werner, E. E., & Smith, R. S. (1992). Overcoming the Odds: High Risk Children from Birth to Adulthood. Cornell University Press.
