Dopo o durante noi genitori? Di recente ho avuto modo di approfondire la conoscenza di una legge denominata “Dopo di Noi”, necessità accademiche che si sono coniugate con un tema che, volente o nolente mi riguarda. Negli ultimi anni, con una certa insistenza [e notevole ansia] mi sono interrogata su chi si prenderà cura di mio figlio, nel caso in cui non sia più in grado di farlo o quando in futuro (spero lontano) non ci sarò più.

Durante o dopo di noi genitori? Una legge innovativa?

A lungo ho pensato che ammalarmi fosse un lusso che non potevo permettermi, lui è sempre stato la mia priorità, ma ero anche consapevole che prima o poi avrei dovuto smettere di fare lo struzzo e guardare in faccia la realtà. Non solo avrei potuto ammalarmi, ma anche concedermi una pausa, e perchè no… una piccola vancanza!

Ma torniamo alla legge 112/2016 meglio nota come “Dopo di noi”, una legge che ha innovato l’ordinamento interno prevedendo un complesso di misure a tutela di persone con disabilità grave. Una prospettiva che tiene conto da un lato dell’erogazione di finanziamenti pubblici e dall’altro della promozione di strumenti e/o azioni di diritto privato.

Obiettivo della legge è consentire alle persone con disabilità grave di emanciparsi dai genitori o da servizi residenziali attraverso progetti di vita, da realizzare nella prospettiva in cui genitori e/o familiari non siano più in grado di prendersi cura di loro.

Da un lato quindi l’istituzione di un fondo nazionale, dall’altro la legge favorisce il ricorso a strumenti e/o azioni di provenienza privata, ovvero:

  • erogazioni liberali di privati;
  • stipula di polizze assicurative;
  • costituzione di trust, di vincoli di destinazioni di cui all’art. 2645-ter c.c.;
  • fondi speciali, composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario, anche a favore di enti del Terzo settore.

Ulteriori dettagli sulla legge e sugli strumenti, si possono trovare on line: “Officina dopo di noi”, un HUB la disabilità.

Il comitato che l’ha costituito [cui fa parte la senatrice A. Parente, relatrice in senato per la legge 112/2016] è nato per diffondere e attuare i contenuti della legge in esame

Inevitabili riflessioni

Esplorando gli articoli, leggendo punti di vista di enti e associazioni varie, ho maturato una serie di riflessioni.

  • Non mi è mai piaciuto pensare che di mio figlio si debbano occupare le istituzioni, ma mi rendo conto essere un mio limite. È compito delle istituzioni porsi come garante in situazioni di criticità e questo non riguarda solo la disabilità, ma le politiche sociali in genere. Mi sto ristrutturando questa convinzione limitante.
  • Da sempre è stato difficile chiedere aiuto, come se farlo sia sbagliato e indice di fallimento personale, sto pian piano capendo che non è così.
  • Ancora, penso non sia poi così strano che i figli rimangano a vivere con la propria famiglia, con motivazioni e tempi diversi, nel rispetto della loro individualità.
  • Fa parte della nostra cultura lasciare in “eredità” un posto in cui vivere quando non ci saremo più, indipendentemente da eventuali disabilità.

Questa legge mette a disposizione una normativa che consente ai genitori di “investire” per il futuro dei propri figli, assicurando loro attraverso un trust o altre azioni, la possibilità di “metter su casa” invece che seguire la tradizionale via dell’istituzionalizzazione.

L’esempio tipico è quello di un genitore che costituisce un “trust autodichiarato” e si impegna nei confronti del proprio figlio vincolando una somma di denaro e/o un bene immobile.

Un altro esempio può essere la costituzione di un fondo speciale (disciplinato con contratto di affidamento fiduciario) in cui soggetti privati destinano beni a un ente del Terzo settore che opera in funzione delle esigenze della persona con disabilità.

Ancora, il trust autodichiarato potrebbe destinare beni e impegnarsi per inclusione sociale, cura e assistenza non solo del proprio figlio, ma anche di altri ragazzi con disabilità, realizzando finalità solidaristiche.

Possibili evoluzioni

Nel mio caso, l’abitazione in cui viviamo potrebbe un giorno ospitare altre persone che insieme a mio figlio possano continuare il loro percorso di vita, certo, facilitati da un’organizzazione che li accompagna.

La “residenza rosa” di Terra libera tutti ne è un esempio, e come questa ne stanno sorgendo altre proprio in quest’ottica.

Tuttavia, abitazione a parte, ritengo che ci sia altro su cui meditare.

Prima di parlare di “dopo” ritengo ci sia da discutere sul “durante” e per durante intendo il percorso di accompagnamento all’emancipazione che riguarda anche (e forse soprattutto) noi genitori.

Nulla di diverso da quello che accade nella “normalità” , ovvero, i figli si educano con l’idea che debbano acquisire gli strumenti necessari alla loro evoluzione, fare in modo che si conquistino una certa autonomia in modo da rendere l’inevitabile separazione (già faticosa e dolorosa in generale) meno drammatica possibile.

 

Autodeterminazione o dipendenza?

Va attivata in loro la voglia di autodeterminarsi e comprendere la differenza tra bisogno e desiderio, non alimentata la dipendenza che cristallizza in loro la convinzione di non essere “capaci”. Potrebbe stupirci quanto “capaci” possano essere se solo glielo permettiamo, invece che preoccuparci di cosa potrebbe accadere loro se… Molto spesso è la nostra voglia di proteggerli a limitarli non le loro reali difficoltà.

Anche loro hanno diritto di sbagliare. Possiamo concedere loro di fare piccoli sbagli e far sì che diventino un patrimonio di esperienze. Sicuramente dobbiamo essere un po’ più accorti, allentare la presa un po’ alla volta e ad ogni conquista riconoscere loro il successo. Comunque un vero e proprio percorso di autonomia. Certo è molto più facile sostituirsi a loro, fare le cose per loro, ma poi?

Non possono essere le nostre paure a frenare le loro velleità e poi far passare tutto per pietà e/o compassione. Le parole “poveretto” e “sfortunato” dovrebbe essere tolte dal nostro vocabolario, in questa accezione.

Ciò che dobbiamo ficcarci in testa, noi genitori di persone che io preferisco definire “speciali”, è che quello che ci propongono i nostri figli è una grande opportunità. Una realtà faticosa con la quale dobbiamo fare sicuramente i conti tutti i giorni della nostra vita, non è prevista alcuna pensione. Possiamo continuare a sentirci vittima della situazione, aspettarci che altri più fortunati facciano qualcosa per noi oppure giocarci la nostra mano di carte e in qualità di giocatori fare del nostro meglio, quotidianamente.

Concludendo

Non possiamo semplicemente pensare che qualcuno, un giorno,  si possa sostituire a noi con le nostre stesse modalità, non è possibile e forse neppure giusto. Ciò che possiamo e dobbiamo fare è quello che il ruolo di genitore prevede: educare i nostri figli, rispettando i loro limiti senza tuttavia farci fagocitare dalle loro difficoltà.

Ripeto, potremmo stupirci di quante abilità e potenzialità abbiano che noi non riconosciamo loro e che quindi non manifestano.

Faccio io” dovremo lasciarlo dire a loro.

In ultima analisi potremo dire che questa legge facilita la possibilità di costruire delle reti territoriali, non cala dall’alto generalizzando, ma consente che si operi nel locale costruendo spazi sociali di prossimità. Ogni territorio ha le proprie caratteristiche e peculiarità che vanno riconosciute e rispettate.

A seconda di un problema della persona o della collettività, una filiera di attori si attiverà e concorrerà alla co-costruzione di progetti individualizzati in risposta ad una specifica domanda o situazione. Sono bandite le  soluzioni standard tradizionalmente costose per la società e disumanizzanti per la persona.

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