C’è una parola che collega i termini di trasformismo, opportunismo e banale incoerenza: convenienza. Certo non si può generalizzare, ma accade spesso che si cavalchi il carro del vincitore, in fondo i valori possono cambiare no?

Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure, questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti…” Sir Winston Churchill

Il trasformismo in politica

Nella storia della politica italiana il trasformismo emerse dopo il 1880. In quel periodo era prassi comune ai gruppi parlamentari di destra e sinistra formare di volta in volta maggioranze intorno a singole personalità o su programmi contingenti superando le tradizionali distinzioni. Passare da uno schieramento all’altro e mercanteggiare il proprio voto in cambio della soddisfazione di certi interessi privati. «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?» (Agostino Depretis, discorso tenuto a Stradella, 8 ottobre 1882). Questo accadeva un bel po’ di tempo fa, cosa è cambiato da allora?

Si parla di trasformismo in ambito politico mentre l’opportunismo è praticabile in ogni campo, una parola che mi si ripropone come un alimento indigesto. Ma condividiamo il significato di opportunismo:

Opportunismo è quel comportamento per cui [nella vita privata, pubblica o in politica] si ritiene conveniente rinunciare a principi o ideali e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento.

Con significato meno negativo: la capacità di saper cogliere e sfruttare il momento opportuno, la buona occasione, anche se con danno dell’avversario (per esempio, in competizioni sportive).

Trasformismo, opportunismo o banale incoerenza

Chi non l’ha sperimentato una o più volte nella vita? Se ne eravamo consapevoli lo abbiamo giustificato legittimo perché motivato da presunti torti subiti: “Mi sono sentito usato e quindi a mia volta uso…”

Del resto siamo stati educati da piccoli a fare qualcosa per avere qualcos’altro in cambio.

Quale genitore non ha barattato qualcosa con il proprio figlio e quale figlio non è sceso a compromessi per un proprio tornaconto? Accade anche in molte relazioni che l’amore di una volta si trasformi in convenienza.

Credo che in qualche modo faccia parte del nostro DNA oltre che della nostra educazione e cultura e, dal negoziare l’importo di una paghetta da adolescenti, ci troviamo adulti a rinegoziare i propri valori per avere qualcosa in cambio, spesso prevaricando persone che amiamo o che crediamo di amare. Sì, crediamo di amare perché in realtà il confine tra l’amare qualcuno e l’averne bisogno è molto, troppo sottile. (quando abbiamo bisogno di qualcuno spacciando il sentimento che proviamo per amore stiamo sfruttando l’altro, non lo stiamo amando)

Quando un atto di generosità viene scambiato per dovere

La cosa che mi infastidisce è che sembra diventato normale approfittare in generale di qualsiasi cosa, dai “furbetti del cartellino” agli sprechi di beni comuni e così via, la lista sarebbe veramente lunga.

Un atto di generosità viene scambiato per dovere, e l’amicizia non una virtù da coltivare insieme, come sosteneva Aristotele, ma un’opportunità da sfruttare fino a quando ne varrà la pena.

Mi è capitato di sentirmi usata e la cosa che mi ha infastidito di più è stato non solo non accorgermene in tempo, ma permettere all’altro di farmi sentire “sbagliata”.

È frustrante accorgersi che l’unico motivo per cui una persona ti ha cercato negli orari più improbabili è stato per scaricare le sue frustrazioni per rispondere ai suoi bisogni; accorgerti che il tuo ruolo era unicamente quello del lavandino, perché in fondo l’altro dei tuoi suggerimenti non sapeva proprio che farsene.

Eppure, quelle relazioni, proprio quelle, sono servite a un cambio di passo. Sono servite a prendere coscienza della differenza tra bisogno e desiderio. Sono servite a spronarmi a cercare dentro di me quelle risorse che neppure sapevo di avere, ma erano lì dormienti e pronte ad essere attivate.

Avrei potuto accorgermi prima e soffrire un po’ meno? Difficile a dirsi, ma so che è stato proprio grazie a queste esperienze che sono la persona che sono. Quello che serve è “accorgersi” del tipo di relazione che si sta vivendo e “scegliere” se farla crescere, troncarla oppure lasciare che si estingua naturalmente.

Tuttavia, ciò che contraddistingue l’opportunista è il suo egoismo (egocentrismo), è abbastanza facile individuarlo perché tende a parlare di sé, sempre e solo “io, io, io”.  

I suoi bisogni sono prioritari, non ascolta l’altro o gli altri e in una conversazione esiste un unico punto di vista, il suo.

 “Allontanati progressivamente, senza rotture violente, dall’amico per il quale tu rappresenti un mezzo invece di essere un fine.”

Santiago Ramón y Cajal

Le infinite sfumature di “opportunismo”

A volte però non si tratta di opportunismo ma di “salvarsi la vita”, la cosa fondamentale è in ogni caso, conoscere chi si ha di fronte e poi scegliere se e come prestarsi al gioco. La scelta, la “possibilità di” è la leva che ci permette di assumerci la responsabilità delle nostre azioni. Eviteremo così di sperperare energie nella ricerca di colpe in chi, a volte, ha solo svolto il ruolo di “messaggero”.

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