Gli insegnamenti che la vita propone arrivano per vie traverse, una vera e propria caccia al tesoro quotidiana.

Butta qua e là qualche indizio, propone questo o quell’incontro, ma per ricomporre il grande puzzle della propria esistenza terrena, quello che sto imparando a chiamare il mio progetto di ricerca, li devi individuare.

Ma, come al solito, andiamo per gradi.

Premessa

L’insegnamento di Cultura e progettazione nei servizi sociali, del corso di laurea magistrale che sto frequentando, prevede un lavoro di gruppo: “Concepire un progetto che proponga idee innovative per il contrasto alla povertà educativa minorile“.

Dopo una serie di fraintendimenti, non è stato facile individuare il soggetto destinatario del progetto, abbiamo deciso di occuparci di ragazzi adolescenti con disabilità cognitiva. (non entro nel dettaglio della gravità, non ha senso in questo contesto)

Il primo ostacolo lo abbiamo trovato quando abbiamo dovuto spiegare l’attinenza tra la disabilità e le povertà educative. Dopo una riflessione comune, l’abbiamo sintetizzata in questo modo:
contrastare la povertà educativa, intesa come mancanza di occasioni concrete di confronto con i propri coetanei che sono invece fondamentali per la crescita e l’evoluzione”.

In altre parole, è attraverso il confronto con l’altro che sperimentiamo chi siamo e cosa “vorremmo” essere (anche se spesso non sappiamo neppure noi cosa vogliamo, ma questa è un’altra storia).

Ma c’è un altro paragrafo che ha stimolato ulteriormente la mia riflessione: “rispondere al bisogno di fornire fondamenta solide che consentano a questi ragazzi di avere un’alternativa stabile all’isolamento sociale cui, con l’avanzamento dell’età, sarebbero destinati”.

Ovvero non sperimentarci nelle relazioni, ci isola.

A questo punto le mie reti neuronali hanno cominciato a creare una quantità inverosimile di collegamenti che riguardano la mia esperienza e quella di mio figlio.

La prima connessione è stata con l’atteggiamento anarchico che Martino ha assunto da quando ha cominciato a frequentare coetanei con esperienze di vita diverse. Evidentemente ha trovato in loro una perpetua fonte di stimoli che non abbiamo ancora capito dove ci porterà.

Sono partita così da questo ragionamento:

se è attraverso gli incontri e il confronto con altri che cresciamo e maturiamo significa che in ogni relazione avviene uno scambio. La seconda connessione è con la perdita, nell’articolo Lutto: ovvero perdita di oggetto significativo cito: “Quando si ama, secondo Jung e la prospettiva fenomenologica, si carica uno nell’altro parti di noi stessi e quando ci si lascia chi se ne va porta con sé quelle parti.

Seguendo questa logica, quando incontriamo una persona doniamo qualcosa di noi e viceversa. Tuttavia secondo me possiamo donare qualcosa, o riconoscere un aspetto di noi nell’altro e una volta ricomposto il nostro puzzle con quel pezzo, abbiano tre possibilità:

  • continuare a riconoscerlo nell’altro (alimentando una sorta di dipendenza);
  • riappropriarcene e lasciarlo andare proseguendo nella nostra ricerca di ricomposizione;
  • riconoscere il meccanismo e mantenere una relazione scevra da aspettative (difficilissimo).

Perché difficile?

Sia si tratti di una relazione di amicizia o di amore, anche se (a mio avviso) sempre di innamoramento stiamo parlando, l’affinità che riscontriamo ci spinge a “stringere” dei rapporti più o meno esclusivi e creare un ventaglio di aspettative che potranno essere disattese. Capire che le priorità dell’altro non sono le nostre crea rotture che “rompono” per la serie: “ridammi i miei giocattoli con te non gioco più”.

Recentemente un caro amico mi ha ricordato che dovremmo imparare ad amare senza aspettarci nulla, in ogni tipo di relazione; che la famiglia biologica non necessariamente è la nostra famiglia spirituale; che la felicità di qualcuno che amiamo dovrebbe prescindere da noi… in quel momento mi sentivo un po’ sopraffatta dalla vita e forse una parte di me condivide questo pensiero ma…

Cosa ci azzecca tutto questo con la povertà educativa?

Apparentemente nulla, ma proprio in virtù del fatto che, gli insegnamenti che la vita propone arrivano per vie traverse, dopo aver lasciato fluire i pensieri provo a riassumere:

  • Siamo esseri individuali ma per evolverci abbiamo bisogno di relazioni;
  • Nasciamo come una cornice vuota, all’interno della quale pezzo dopo pezzo ricostruiamo la nostra immagine;
  • I piccoli pezzi li troviamo nascosti in altre individualità;
  • Palesiamo i pezzi delle persone che incontriamo continuamente ed è un esercizio bidirezionale – gli altri ne svelano altrettante a noi;
  • La consapevolezza di questo scambio rende le persone libere da catene e dipendenze.

Tirando le fila

Ecco, non so se ora sia più chiaro, ma ancora una volta mi sono resa conto che quando pensiamo di essere perdutamente innamorati di qualcuno dovremmo farci qualche domanda: siamo innamorati dell’altro o del pezzo di noi che abbiamo individuato in lui?

Ripeto non parlo solo di amore ma anche di amicizia e paradossalmente anche di legami professionali, valgono tutte le relazioni a 360 gradi.

In alcuni possiamo trovare il nostro ideale di professionista, che è quello che siamo o vorremmo essere (e a questo si possono collegare anche gli specchi esseni), in altri la femminilità, in altre l’intellettuale e tanto altro ancora, in fondo siamo esseri caleidoscopici.

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