Continuiamo a parlare di Giustizia Riparativa esplorando un tema complesso: “conflitto: genesi e possibili vie di soluzione”. Per farlo a lezione abbiamo analizzato alcuni testi classici, tra questi la Genesi [primo libro della Torah del Tanakh ebraico e della Bibbia cristiana che narra le origini dell’umanità], in particolare Genesi 4,1:17.

La Genesi (testo del Pentateuco, fatta da cinque grandi libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), anche se è il primo libro è l’ultimo a essere stato scritto [come si fa con l’introduzione di una tesi che matura solo quando ne abbiamo scritto il contenuto. Un testo che cerca di comprendere e fare tesoro delle vicende dell’esodo. Grandi storie familiari e grandiosi conflitti.  Il popolo legge l’esperienza umana interrogandosi sui conflitti: eredità, tradimenti, assassini, famiglie che si disfano e ricompongono in altro modo, eredità che non vengono date o che vengono rubate.

Non un ritratto di famiglia ideale, ma la storia della nostra umanità. Ciò che emerge nella lettura è che il conflitto è qualcosa di permanente nella nostra esperienza che non possiamo evitare, la buona notizia è tuttavia che lo possiamo attraversare.

Allora sorgono alcune domande: perché entriamo in conflitto? La violenza è inevitabile? Violenza che si genera soprattutto nelle relazioni più prossime.

Una premessa: Genesi 4 è composta da 17 versetti, numeri che rappresentano un codice contemporaneo, e servono a orientarci, una misura nata tra il 1400/1500.

L’apparente banalità del testo è propedeutica ad un racconto orale; storie brevi e precise per essere raccontate e tramandate.

In questo prima parte analizzeremo i versetti da uno a sette e in ognuno cercherò di mettere in evidenza aspetti che non riguardano solo “quel tempo”.

1) Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore».

Questo versetto è speculare al 17mo – 1 e 17 diventano una cornice che delimita il brano. La storia si apre con la vita e si chiude con la vita – in mezzo c’è la morte – parliamo di morte, delle cose gravi che possono accadere sapendo che veniamo dalla vita e che possiamo ritornare alla vita.

Tradotto: potrebbe essere che i fatti gravi di ingiustizia non siano la chiusura di tutto? Che ci sia ancora una possibilità di ritornare alla vita?

2) Poi partorì ancora Abele, suo fratello.

Perché nessun commento per il secondogenito? Già dall’inizio i due fratelli subiscono un trattamento diverso: gioia iniziale per Caino che manca poi per Abele.

Del resto, accade in ogni famiglia, non è che il secondo figlio valga meno ma non è più una novità. Il nuovo si sperimenta con il primogenito, poi ci si impratichisce e viene a mancare la meraviglia. L’esperienza di chi accoglie è cambiata.

Ma l’esperienza di Caino (primogenito) è uguale a quella di Abele (secondogenito)? Si sentono percepiti dai genitori allo stesso modo?

Fino a questo momento la narrazione è vista dall’alto ma da “Abele, suo fratello” in poi la prospettiva di analisi cambia e diventa quella di Caino – sarà lo sguardo attraverso cui verrà letta la storia.

Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo.

Due vite molto diverse: uno è nomade, poca fedeltà agli spazi, gestione autonoma del proprio tempo, diversa continuità di lavoro. Il coltivatore invece deve sottostare a regole spazio-temporali esterne a lui.

Seconda grande diversità dei mestieri: mentre il pastore non ha bisogno di aiuto, il coltivatore deve stringere relazioni con i vicini. Una Rete relazionale diversa di chi è stanziale.

Il primo messaggio è che due fratelli sono come il giorno e la notte, completamente diversi pur fratelli di sangue. Nella diversità c’è la sfida a diventare fratelli non viceversa, la fraternità non assicura la possibilità di essere uguali o stare bene insieme. La differenza tra i due è l’elemento messo a fuoco.

3.Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore,

Perché segnalare il tempo trascorso? Perché serve un tempo per maturare la consapevolezza della diversità dell’altro e guardare il diverso non è privo di conseguenze.

La diversità ci fa entrare in una prospettiva di sottrazione: perché il diverso fa e può fare cose che non faccio io? Lui ha più possibilità – desiderio mimetico – più sto nel tempo a osservare la diversità più mi verranno in mente cose che vanno meglio nella vita dell’altro rispetto alla mia.

Per quanto tempo lavora dentro Caino questo sentire? Piccolo (in apparenza banale) effetto della sottrazione che entra nella storia, meditiamo, riflettiamo e seppelliamo dentro di noi senza tradurre in parola.

Il tempo è fondamentale fino a quando succede una qualsiasi cosa, anche piccola.

4) mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta,

Uno dei due ha più mezzi, ma ognuno porta i frutti del proprio lavoro: se siamo diversi i frutti sono diversi non è questione di avere più o meno mezzi.

Il testo racconta che ognuno porta la propria vita, diverse le vite, diversi i sacrifici, ma accade che il Signore gradisca Abele e la sua offerta, non quella di Caino. “Gradire” è dare attenzione.

Capita di gradire il disegno dell’ultimo figlio (non perché sia più bello) e un po’ meno quei fratelli maggiori. Anche se riteniamo di amarli allo stesso modo, trattiamo diversamente i nostri figli perché sono diversi, magari perché uno è più piccolo, o lo riteniamo più fragile, tuttavia non è così per il vissuto dei figli.

Il testo ci sta mostrando che il risentimento che porta a un fatto gravissimo (Caino che uccide Abele) non nasce in seguito a cattiverie, ma dentro a diversità e vissuti di disattenzione.

Queste le due cose che, anche se in modo sottile, cominciano a mandare in ebollizione la percezione del rapporto con gli altri. Il torto nasce pian piano, dall’ordinarietà della vita sociale. Non possiamo fare attenzione a tutto, così può accadere che questi meccanismi si inneschino.

Caino si chiede se la sua vita valga di meno, visto che il suo sacrificio è meno gradito. Il torto sta germogliando: sento di aver fatto ciò che ha fatto l’altro, ho portato quello che potevo, i frutti del mio raccolto, eppure non è bastato, non vi è riconoscimento.

ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto.

Rabbia e poi tristezza si manifestano, due grandi sentimenti importanti dal punto di vista antropologico che raccontano prima l’irritazione e poi l’umiliazione e la tristezza. Sentiti che entrano in gioco e che vedremo quanto pesano.

6) Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?
7) Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai».

Si apre un primo dialogo e il Signore chiede spiegazioni della sua irritazione e tristezza. Una frase molto complessa da tradurre poiché l’autore vuole produrre la sensazione di confusione … come quando si è confusi e si farfuglia, si parla in modo scomposto; si intuisce il senso ma non si riesce ad esprimere in modo chiaro.

Un passaggio che evidenzia la confusione interiore in cui sta entrando Caino che prende coscienza del suo sentire.

È la fase in cui un torto comincia a palesarsi, ci rendiamo conto che ci stiamo arrabbiando per qualcosa che pesa nella nostra vita, non ci è ancora chiaro cosa sia e ci chiediamo perché ci stiamo arrabbiando tanto. Sentiamo tristezza e rabbia anche senza riuscire a tradurlo in qualcosa di concreto, ciononostante avvertiamo che si tratta di qualcosa di potente.

Se non riusciamo a distendere il nostro colloquio interiore come faremo ad uscire da questo trip?

Riassumiamo questa prima parte:

  1. Vita, morte, vita, un fatto di ingiustizia agita o subita non è la chiusura di tutto, c’è un possibile ritorno alla vita.
  2. Diversità e fraternitàNella diversità c’è la sfida a diventare fratelli non viceversa, la fraternità non assicura la possibilità di essere uguali o stare bene insieme.
  3. Senso di sottrazione nel vedere ciò che vive l’altro (desiderio mimetico), perché nel nostro percepito l’altro può aver qualcosa più di noi.
  4. Il risentimento non nasce da cattiverie ma dall’ordinarietà della vita sociale. Mancanza di riconoscimento, ci sentiamo uguali eppure non siamo riconosciuti come tali.
  5. Abele (Hebel: soffio – stessa radice) Caino si sta facendo spaventare da una presenza inoffensiva, come di un soffio (meta-messaggio) questo ci ricorda che le percezioni contano più della realtà dei fatti.
  6. Il pensiero che si ingarbuglia, ovvero l’incapacità di distendere il nostro sentire interiore, dare il giusto peso alle cose, sbrogliare la matassa dei nostri vissuti per decantare le proprie contrarietà.

Unsplash: Photo NASA

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