Tra pochi giorni si concluderà anche il 2018, l’anno che voglio ricordare.

Per la numerologia  [2+1+8=11 e 1+1=2], il numero 2 e il numero 11 (numero maestro) simboleggiano la dualità, sono fonte di domande essenziali e riguardano la possibilità di scelta e l’uso del libero arbitrio. (alfadinamica)

Il 2018 per me ha rappresentato l’anno personale 6 in cui responsabilità e ricompense sembra siano di attualità.

Un anno in cui finalmente si dovrebbe cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel, allentare la presa e concedersi qualche gratificazione.

Il ricordo del piacere non è più piacere. Il ricordo del dolore è ancora dolore. George Byron

Il futuro alle spalle

Non mi è mai piaciuto fare il resoconto di quello che è stato, non amo ricordare il passato e tendo ad archiviare cose belle e brutte velocemente, quasi sottovuoto. Non tanto per paura di perderle piuttosto per il timore che possano influire o inquinare le mie scelte attuali o minare il futuro che ho alle mie spalle.

Eh già, si è portati a pensare che il futuro sia davanti a noi, in realtà l’unica cosa che abbiamo ben presente e conosciamo è il passato, non il futuro. Nella linea temporale della nostra vita e come fossimo rivolti al passato, dando la schiena (o le spalle) al futuro. In altre parole, è come camminassimo come i gamberi, all’indietro.

Uno strano modo di dire, peraltro neppure vero, i gamberi normalmente camminano in avanti, fanno solo un balzo indietro di fronte al pericolo. Seguendo il filo dei pensieri, che cosa spaventa più di tutto noi umani? Il futuro o comunque tutto ciò che non ci è noto, che non conosciamo.

Ma torniamo ai ricordi, a un ipotetico libro dei ricordi il cui contenuto viene appreso in forma attiva a differenza di un libro di testo (cartaceo o digitale) che contiene informazioni da apprendere passivamente.

Mentre un testo è qualcosa di astratto e intangibile, un apprendimento empirico non mette in gioco solo il ragionamento (l’aspetto cognitivo), ma coinvolge anche sensi ed emozioni.

Tutto il corpo si fa archivio di quanto sperimentato e il ricordo diventa parte di una sorta di caleidoscopio sensoriale che potrà essere stimolato e rievocato da una musica, un profumo, una immagine, un tocco, una luce e altro ancora.

Rosso, giallo, verde e bianco: «coloriture» d’interazione

Una digressione utile per giustificare la mia resistenza ai ricordi che però in questo momento voglio mettere in discussione.

Voglio ricordare questo 2018, in particolare il periodo che mi ha vista osservare la qualità della comunicazione tra attori del Pronto Soccorso di un ospedale e permesso di redigere la mia tesi di laurea: “Rosso, giallo, verde e bianco: «coloriture» d’interazione in Pronto Soccorso”. Non solo, mi ha anche spronato a continuare nella ricerca, ho deciso infatti di proseguire i miei studi con una laurea magistrale.

Ricordo alla fine del periodo di osservazione di essermi sentita svuotata di ogni energia e totalmente incapace di riorganizzare le informazioni acquisite. Tuttavia mi sentivo ricca, ricchissima, le coloriture erano veramente tante così come le esperienze che avevo vissuto sia in prima persona sia attraverso i racconti delle persone che ho incontrato, tutte meravigliose.

Tra i miei obiettivi avevo anche quello riappacificarmi con il personale medico. Il motivo? A causa di alcuni problemi di mio figlio era sorta nel tempo qualche incomprensione. Sapevo che erano problemi legati all’uso di canali diversi che rendevano la relazione più complessa, ma continuavo a chiedermi chi dei due avrebbe dovuto fare qualche sforzo in più: il medico o Martino?

Quello che non mi aspettavo era scoprire le loro vulnerabilità, certo qualcuno è altezzoso, arrogante, spocchioso, ma dietro quella maschera c’è a volte una quantità di sofferenza e impotenza che io non credo sarei capace di sopportare.

Quando lasciare andare?

In quella esperienza, alcune situazioni hanno esorcizzato paure, altre posto in evidenza vulnerabilità di cui non ero consapevole.

In particolare, mi sono sentita toccata dalla quantità di persone anziane, definite croniche, che ogni giorno affollano il pronto soccorso per le quali poco o niente si può fare (dal punto di vista medico) se non «mettere in sicurezza».

Di come siano più i familiari a dover essere rassicurati, inconsapevoli di quali siano i bisogni reali del loro caro.

Ho pensato al fatto che quando siamo genitori fatichiamo a lasciare andare i nostri figli, ma poi nel ruolo di figli siamo noi a non voler lasciare andare i nostri genitori.

Ricordi dolorosi, ma anche gioiosi

Ricordo ancora la disperazione che ho provato quando mia madre ci ha lasciato. Lei rappresentava per me il parapetto, quell’elemento di protezione che serve a evitare la caduta nel vuoto. Senza di lei mi sono sentita vulnerabile, indifesa, in pericolo.

Ricordi dolorosi, ma anche gioiosi come il giorno della laurea che porterò a lungo nel cuore e ovviamente molti altri ancora.

In buona sostanza continuo a pensare che non serva fare un bilancio annuale per prendere coscienza di cosa abbia funzionato e cosa no. O quantomeno di farlo a fine anno quando i “ricordi” possono essere sfumati e forse non più così utili.

Penso però che prima di archiviare un vissuto sia utile prendere coscienza di cosa quell’avvenimento abbia significato. A quel punto può essere riposto e dimenticato consapevoli che, quando e se sarà utile, sapremo riprenderlo e farne buon uso.

La nostra vita appartiene soltanto a noi, e i ricordi… quelli non possiamo cederli a nessuno. Accumulatene, che siano soltanto vostri, e straordinari, grandi, tanti, irripetibili, di quelli che lasciano a bocca aperta, e che fanno entrare nella tomba con il sorriso sulle labbra!

Banana Yoshimoto

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