Abbiamo parlato di cambiamenti, ora proveremo a capire se vi sia, ed eventualmente quale, differenza tra intelligenza emotiva e consapevolezza emotiva.

Prospettive come quella di Goleman (L’intelligenza emotiva), ad esempio, puntano a un auto-disciplinamento e ad una gestione delle emozioni nei vari ambiti: sociale, lavorativo ed affettivo.

Chiave della riuscita personale è considerata la capacità di controllare le proprie emozioni per andare d’accordo con gli altri. Sviluppare ascolto e costruire un’immagine di sé adeguata alla situazione. Ovvero acquisire la capacità di accogliere il punto di vista dell’altro, provare le sue emozioni, comprenderlo per poter manipolare le sue motivazioni.

Un processo che ha un limite: il proprio sentire viene represso e accantonato per entrare nei panni dell’altro (peraltro impossibile, metteremo l’altro nelle nostre scarpe, come vedremo in seguito).

Emozioni come strumento di relazione

La consapevolezza emotiva, invece, propone di mettersi in ascolto delle nostre emozioni e considerarle come strumenti di relazione.

Consapevolezza emozionale che – come afferma Marianella Sclavi – è un elemento fondamentale a condizione che se ne comprenda il linguaggio.

Accogliere e non eludere le emozioni può aprire alla concreta possibilità che, per trovare una soluzione come quella del gioco dei nove punti, non serva un colpo di genio ma un modo naturale e ovvio di affrontare e risolvere i problemi.

La prospettiva olistica e le analisi sviluppate dalla Sclavi ci permettono di guardare alle nostre emozioni considerando che

noi siamo le sensazioni che proviamo sulle nostre sensazioni, i pensieri con cui reagiamo ai nostri pensieri; siamo delle meta-sensazioni e dei meta-pensieri e lo stile con cui li esprimiamo (Sclavi p. 226).

È possibile quindi che ogni individuo immagini e sperimenti percorsi diversi, stili di espressione le cui emozioni diventano opportunità di crescita.

In caso di incapacità di trovare una soluzione attraverso le vie conosciute, anziché preoccuparci del fallimento cui pensiamo di essere vittima, potremo immaginare sia necessario fare qualcosa di assurdo, insensato, stravagante.

Empatia o Exotopia?

Rompere qualche schema, reagire in modo imprevisto potrebbe favorire una migliore gestione dei conflitti.

Mentre Goleman propone una soluzione attraverso l’empatia, Bachtin (L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze umane) al contrario ritiene che attraverso l’exotopia, si possa riconoscere l’alterità dell’altro all’interno di una relazione.

Riassumendo:

  • Nell’empatia l’individuo isola e colloca nel proprio contesto alcuni tratti della esperienza dell’altro per comprenderla in base alla propria esperienza, tenta di «mettersi nelle scarpe dell’altro», ma quello che fa in realtà è di «mettere l’altro nelle proprie scarpe».
  • Nell’exotopia l’individuo si accorge che le proprie scarpe non vanno bene all’altro, ma affinché questo accada bisogna «esporsi», mettersi in discussione, attivare un atteggiamento riflessivo rispetto alla propria epistemologia professionale e al proprio sapere implicito.

La prospettiva olistica

spinge a considerare la relazione nel suo insieme.

Una unità di aspetti verbali e non, emotivi e cognitivi, interni ed esterni e in cui tutti i soggetti presenti nell’incontro (interfaccia) danno il loro contributo a realizzare un certo tipo di scambio: simmetrico, complementare o a doppio vincolo.

La relazione o comunicazione quindi è vista come un sistema, una regione, una totalità dinamica e organizzata in cui gli elementi sono in relazione gli uni con gli altri e si influenzano reciprocamente.
(Comunicare interagendo, p.185)

Le forme che si vengono a creare sia individualmente sia collettivamente (empatia o exotopia) possono avere una duplice funzione:

  • costruzione di confini, frontiere da separare e isolare,
  • oppure diventare ponti, canali per la trasmissione di messaggi.

Ma come entriamo in contatto e conosciamo l’altro?
Quale processo mettiamo in atto per cogliere le differenze, organizzarle come rilevanti e rispondervi?

È nostra facoltà esercitare l’exotopia, ad esempio, riconoscendo le differenze e costruendo un terreno comune in cui possa avvenire lo scambio.

Tuttavia, nel corso di un conflitto, la tendenza è quella di cogliere ciò che conferma la nostra idea ignorando e tralasciando gli aspetti che la contraddicono.

Strategie auto-correttive e operazioni di occultamento.

Attuiamo strategie auto-correttive per conservare lo status quo e garantire la sopravvivenza correggendo e controllando gli aspetti che creano disordine o rappresentano irregolarità.

Una vera e propria operazione di occultamento. L’elemento di disturbo sarà incapsulato come una perla, così non creerà problemi. (Una perla si forma quando un elemento estraneo al mollusco penetra nella conchiglia. Che si tratti di un granello di sabbia, di un parassita o altro, l’intrusione provoca una reazione che lo isola per renderlo inoffensivo)

Le nostre azioni provocheranno lo stesso risultato isolare e rendere inoffensivo ciò che ci disturba.

Nell’interazione faccia a faccia per valutare l’altro utilizziamo pregiudizi e stereotipi. È come costruissimo un guscio intorno al nostro interlocutore per non contraddire le nostre rappresentazioni preconfezionate.

La potenza di uno stereotipo è data dalla sua capacità di celare aspetti della realtà che potrebbero contraddirlo, ci disabitua alle differenze, alla riflessione di fronte i nostri fastidi.

La prospettiva olistica invita a sviluppare la capacità di cogliere la complessità degli elementi in gioco in una determinata situazione.

Non fermarsi alla prima immagine e interpretazione, ma uscire dai blocchi comunicativi ipotizzando altre possibilità fino a quel momento inespresse.

Concludendo

È necessario superare le barriere mettendo in contatto parti differenti in modo da creare ponti tra sistemi che ruotano intorno ad auto organizzazioni fondate su principi differenti.

Questo significa lavorare sulla paura del cambiamento e accogliere l’idea che il nostro mondo non sia l’unico, il migliore, il più giusto.

Imparare a convivere con la mancanza di certezze assolute sulla realtà che ci circonda.

La prospettiva olistica invita ad assumere l’incertezza continua dell’esistenza e la complessità come caratteristiche imprescindibili dello stare al mondo.

L’approccio olistico invita a sviluppare una saggezza sistemica ricordandoci che nel gioco tra il tutto e le parti, rappresentato dallo scambio continuo e circolare di influenze reciproche, l’unica certezza è l’incertezza dell’esistenza.

Non possiamo avere il controllo totale sul sistema di cui siamo parte. Non siamo solo emozione o intelletto, solo controllo o creatività, l’uno o l’altro, non dobbiamo

barattare una concezione parziale dell’io con un’altra concezione parziale […] Quel che occorre sia una sintesi delle due concezioni, e ciò è più difficile. (Bateson).

Abbiamo bisogno che amore e ragione, poesia e riflessione, riso e pianto, corpo e mente, materiale e spirituale siano unità integrate in comunicazione continua nel creare la vita.

Bibliografia:
Comunicare interagendo, i rituali della vita quotidiana: un compendio. La linea dell’arco e delle Pietre a cura di Valentina Rettore – Edizioni Utet
Verso un’ecologia della Mente: Gregory Bateson, Adelphi editore
Arte di ascoltare e mondi possibili, Marianella Sclavi – Mondadori editore
Intelligenza emotiva: Daniel Goleman, Rizzoli editore
L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze umane: Michail Bactin, Einaudi editore

Photo:
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