Per parlare de il gioco della doppia visione, devo aprire una parentesi e parlare di ascolto. Marianella Sclavi nel suo Arte di ascoltare e mondi possibili, come si esce dalle cornici di cui siamo parte, ritiene la storia del giudice saggio una degli aneddoti più significativi che riguardano l’arte di ascoltare. Abbiamo visto il primo e il quinto assioma della pragmatica della comunicazione umana, ora ci occuperemo di cornici interpretative.

Questo il racconto:

A un giudice saggio viene chiesto di dirimere una contesa tra due litiganti che, dopo aver proposto ognuno il proprio punto di vista, si sentono entrambi dare ragione. Una persona del pubblico a quel punto, disorientata, si alza lamentando il fatto che non potevano avere entrambi ragione. Il giudice, dopo averci pensato un po’, seraficamente dà ragione anche a lui…

Il gioco della doppia visione

Secondo la Sclavi una delle caratteristiche della globalizzazione è il mutare delle dinamiche comunicative che, in virtù di una crescente complessità, tendono ad assumere la forma di questo dialogo tra giudice saggio, litiganti e pubblico.

Nel tentativo di fare luce sulla questione chiede di immaginare un dialogo in lingua inglese tra due congressisti: uno di origine americana e uno italiana. L’italiano nella sua pronuncia tende a marcare le vocali, l’americano invece le consonanti, entrambi con lo scopo di essere più chiari.

Il congressista italiano sforzandosi di correggere la propria pronuncia si avvale di una premessa implicita e cioè che per essere più chiari bisogna sottolineare maggiormente le vocali, in questo modo però continua a peggiorarla.

Di conseguenza, quello che accade è che ognuno dei due propone una propria matrice cognitiva che in questo caso è diversa e incompatibile. In altre parole, ognuno rimane fisso nella propria convinzione:

  • per essere chiaro devo marcare le vocali – pensa l’italiano;
  • per essere compreso dovrò marcare le consonanti – pensa invece l’americano

quindi, il risultato che otterranno è che nessuno dei due sarà chiaro all’altro.

Fino a quando entrambi non si renderanno conto di questa dissonanza non potranno incontrarsi ed entrare uno nel mondo dell’altro.

Che cosa fare allora?

L’autrice alla domanda: “Cosa deve fare il congressista per spostare l’attenzione dal comportamento alla dissonanza fra matrici cognitive?

Prima di tutto sottolinea cosa non si deve fare evidenziando due errori molto comuni e strettamente correlati:

  1. Permettere all’ansia di avere il controllo della situazione. L’urgenza di salvare la faccia riaffermando la propria competenza gli fa puntare i piedi anziché «librarsi a una spanna da terra»; bisogna quindi diventare più leggeri, non pesanti.
  2. La tensione di individuare le cause del non comprendersi, dopo aver provato e sbagliato più volte dovrebbe insospettire e far rivedere le premesse implicite. Chiedersi chi sia il colpevole, piuttosto che cosa ci sia di giusto o sbagliato è funzionale alla spiegazione di dissensi dentro le cornici non fra cornici.

Pertanto, va spostata l’attenzione dai comportamenti isolati e dalle individuazioni di colpe, alla dissonanza di cornici, assumendo l’atteggiamento di quel giudice saggio che dà ragione a tutti i suoi interlocutori. L’avere al tempo stesso tutti ragione fa la differenza tra la saggezza del giudice e l’ingenuità epistemologica dei due litiganti e del pubblico.

Tuttavia, senso comune e logica classica, continua la Sclavi, dicono che se tutti hanno ragione si rimane bloccati e non si è in grado di prendere una decisione, ma questo vale quando si opera nei sistemi semplici all’interno dei quali valgono le stesse premesse implicite.

Nel dialogo interculturale, nella gestione creativa dei conflitti invece assumere che tutti hanno ragione è la condizione per fare dei passi avanti.

Come farlo?

Non rinunciando ai propri giudizi ma risalendo dai giudizi alle cornici nostre e altrui di cui non siamo consapevoli.

“L’unico modo per risalire al sistema di premesse implicite in base a cui l’organismo opera è metterlo in condizione di sbagliare e osservare come correggere le proprie azioni e i propri sistemi di autocorrezione”. (Verso un’ecologia della mente) Un processo che Bateson definisce deutero-apprendimento o apprendimento dell’apprendimento.

Come il giudice saggio si dovrebbe accogliere entrambi i punti di vista e passare da una cornice all’altra senza giudicare e adottare una visione binoculare.

Quindi, muoverci all’interno di un sistema semplice – afferma la Sclavi – implica un pensiero logico classico, razionalità analitica e lineare, mentre se il sistema di cui siamo parte è complesso bisogna passare a un pensiero guidato dall’ascolto attivo, interessato alle cornici e premesse implicite che “Considera l’osservatore parte integrante del fenomeno osservato, circolarmente e auto-riflessivamente”.

Come facciamo a sapere in quale contesto ci stiamo muovendo, se sia semplice o complesso?

Quando ripetutamente provando e sbagliando ci sorgerà il dubbio che sia un’altra l’abitudine di pensiero da adottare, quella funzionale alla complessità.

 

Abitudini di pensiero

  • Dove le stesse cose hanno lo stesso significato
  • Stesse premesse implicite
  • Ciò che diamo per scontato ci aiuta a comunicare
  • Valutazione delle scelte dentro quel contesto
  • Io ho ragione, tu hai torto (o viceversa)
  • Mondo mono-culturale – Uni/verso
  • Dove le stesse cose hanno significati differenti
  • Diverse premesse implicite
  • Ciò che diamo per scontato ci impedisce di comunicare
  • Apprezzamento di quel contesto alla luce di un altro
  • Tutti hanno ragione. Anche chi dice che non possono avere ragione tutti
  • Mondo pluri-culturale – Pluri/verso

La sensibilità per le stesse cose con significati differenti va mantenuta sempre all’erta quando ci immergiamo in culture diverse.

Una facoltà che diventa strumento principale per la comprensione reciproca per costruire ponti e non alimentare scontri.

In ogni caso risalire alle cornici non implica condividerle ma solo comprenderle meglio, più adeguatamente e profondamente.

Le sette regole dell’arte di ascoltare

Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.
Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio, non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.
Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.
Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.
Per diventare esperto dell’arte di comunicare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé.
Bibliografia:
Marianella Sclavi: Arte di Ascoltare e mondi possibili – Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, 2003 – Bruno Mondadori Editore
Gregory Bateson: Vero una Ecologia della Mente, Adelphi editore

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