Abbiamo visto che le emozioni svolgono ruolo centrale in qualsiasi tipo di comunicazione e contribuiscono a creare i contesti relazionali nei quali cresciamo e sviluppiamo le nostre capacità. Ora tenteremo di scoprire se vi sia un collegamento tra cambiamenti ed emozioni. Emozioni che non vanno ignorate o anestetizzate.

Possibile collegamento tra cambiamenti ed emozioni

Di fronte a un problema la tendenza, nella cultura occidentale, è pensare di individuare la soluzione attraverso capacità cognitive. Cercare la via migliore valutando la situazione in modo razionale.

Questo è quello che accade in teoria. Nella pratica quotidiana, invece, si arriva alla soluzione attraverso percorsi imprevedibili. Un misto di elementi emotivi e cognitivi, razionali e irrazionali insieme.

Per comprendere se vi sia correlazione tra cambiamento ed emozioni, prendo spunto dal gioco dei nove punti che propongono sia Watzlawick (Change: sulla formazione e la soluzione dei problemi) sia M. Sclavi (Arte di Ascoltare e mondi possibili).

Il compito è quello di unire nove punti con quattro linee rette senza mai staccare la penna dal foglio.

Nel tentativo è importante prestare attenzione ai processi emotivi e cognitivi che si mettono in atto. Si scoprirà che l’esperienza è più interessante per analizzare i percorsi che si compiono e gli eventuali fallimenti, che per la soluzione in sé.

Un atto creativo

Come abbiamo visto per trovare la soluzione bisogna compiere un atto creativo e guardare al problema da un’altra prospettiva.

Uscire dalle strutture (dalle premesse implicite) che abbiamo assunto nella percezione della situazione.

Osservando la configurazione dei nove punti si è portati a immaginare che siano quelli i confini all’interno dei quali trovare la soluzione, difficilmente si pensa di uscirne.

L’ansia, la paura di sbagliare diventano quei blocchi emotivi che normalmente ci tengono dentro schemi relazionali prestabiliti e ci impediscono di trovare una soluzione.

Sono le emozioni che riguardano insensatezza e paura del ridicolo che ci impediscono di cambiare prospettiva, di uscire dai fallimenti e praticare nuove ipotesi di relazioni.

Ci sono situazioni in cui pensiamo veramente di aver esplorato ogni possibilità

Per quanto mi riguarda, ad esempio, mi è capitato spesso di non riuscire a trovare una soluzione nella relazione con mio figlio.

Avevo avuto la sensazione di aver sondato il sondabile e, quando rassegnata pensavo non di fosse via di uscita, l’esasperazione mi portava a compiere delle azioni del tutto prive di senso.

Quelle, proprio quelle, irrazionali a volte persino stupide hanno rappresentato la chiave di volta.

Il punto è che per compiere tali gesti dobbiamo staccare il pilota automatico e affidarci al nostro intuito che – grazie a Dio – non sappiamo controllare.

Nella quotidianità rimaniamo dentro a schemi chiusi concedendoci di modificare sequenze o combinazioni delle variabili della situazione. Senza uscire dal punto di vista iniziale.

Rimaniamo lì evitando accuratamente di mettere in discussione le premesse implicite generative del nostro comportamento. Comportamento che Bateson definisce di primo livello.

Quello che ci permetterà di trovare la soluzione al gioco di cui sopra sarà invece il cambiamento di secondo livello, cioè attuare un cambiamento radicale.

Cambiamento radicale, ovvero rompere gli schemi

 

Come sosteneva Einstein:

I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati

Quello che bisogna fare perciò è abbandonare il punto di vista iniziale e sperimentarne altri, ad esempio qualcosa di insensato.

Un cambiamento che riguarda i processi attraverso i quali si interfacciano regioni diverse all’interno dello stesso soggetto – interconnessione tra il sentire della dimensione emotiva e l’intelletto e la sua dimensione cognitiva.

Ogni cultura offre modelli di interazione, modi convenzionali e prestabiliti di interfacciare e di mettere in comunicazione emozioni ed intelletto. Si impara a individuare schemi, strutture per intervenire senza uscire dai confini. Rimanere nella nostra zona di comfort, per la paura di sbagliare, per non rischiare.

Si tratta di modelli appresi che, se in alcune situazioni ci facilitano la vita, di fronte all’imprevisto o al diverso però, ci impediscono di trovare la soluzione.

Inoltre, nelle società occidentali si tende a ritenere le emozioni effetti indesiderati. Si teme che i soggetti in loro balia funzionino per “catene di reazioni a reazioni” a meno che non si esercitino forme di auto ed etero-controllo per metterle fuori gioco.

Controllare le proprie emozioni. Come? Ma soprattutto perché? Intelligenza emotiva o consapevolezza emotiva? Questo sarà il tema del prossimo articolo.

Stay Tuned!

Bibliografia:
Comunicare interagendo, i rituali della vita quotidiana: un compendio. La linea dell’arco e delle Pietre a cura di Valentina Rettore – Edizioni Utet
Arte di ascoltare e mondi possibili: Marianella Sclavi – Mondadori editore
Verso un’ecologia della Mente: Gregory Bateson, Adelphi editore

 
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